Titolo originale | Das Experiment |
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Lingua originale | tedesco |
Paese di produzione | Germania |
Anno | 2001 |
Durata | 119 min |
Colore | colore |
Audio | sonoro |
Rapporto | 1.85:1 |
Genere | drammatico, thriller |
Regia | Oliver Hirschbiegel |
Soggetto | Mario Giordano (romanzo Black Box) |
Sceneggiatura | Mario Giordano, Christoph Darnstädt, Don Bohlinger |
Produttore | Marc Conrad, Philip Evenkamp, Benjamin Herrmann, Ulrike Leibfried, Norbert Preuss, Friedrich Wildfeuer |
Casa di produzione | Fanes Film, Senator Film Produktion, Typhoon |
Distribuzione (Italia) | Nexo |
Fotografia | Rainer Klausmann |
Montaggio | Hans Funck |
Effetti speciali | Karl-Heinz Bochnig |
Musiche | Alexander Bubenheim |
Scenografia | Andrea Kessler |
Costumi | Claudia Bobsin |
Trucco | Mary May, Sylvia Reusch |
“… sta calmo… ricordati che è solamente un gioco…”
Quando mi hanno consigliato di vedere questo film non avrei mai immaginato quali situazioni si potessero nascondere dietro ad un titolo così chiaro e lapidario.
Effettivamente questa storia è ispirata a fatti legati ad un esperimento realmente condotto nel 1971 da un team di ricercatori della Stanford University, diretto dal Professor Philip Zimbardo, il cui nome originale recita : “Stanford prison Experiment“.
Il film del 2001, di regia e produzione Tedesca, è basato sul romanzo “Black Box” di Mario Giordano.
La trama è fitta , articolata, a tratti allucinatoria, ma si costruisce intorno ad alcuni punti fermi: la soggettività dei personaggi che partecipano all’esperimento, o ne sono coinvolti collateralmente, è il cardine su cui ruota l’intera pellicola.
I candidati vengono accuratamente selezionati, mentre un contratto gli ricorda che per poter ottenere il pagamento della loro prestazione come cavie dovranno assolutamente portare a termine l’esperimento, rinunciando completamente alla privacy ed ai loro diritti civili.
L’esperimento , il “gioco” come preferiscono chiamarlo le future cavie, si svolge all’interno di uno scenario che riproduce gli ambienti e le dotazioni tipiche di un reparto carcerario e prevede che per un determinato periodo di tempo i partecipanti si dividano appunto in GUARDIE e PRIGIONIERI.
Ogni gruppo ha istruzioni semplici e precise: le “guardie” hanno l’obbligo di far rispettare le regole del “carcere” senza usare alcuna violenza, mentre i “prigionieri” hanno l’obbligo di rispettare ed eseguire gli ordini delle “guardie”. Niente di più semplice.
Lo scenario è pronto e le regole sono chiare a tutti…il gioco…pardon! L’esperimento può cominciare…
Questa premessa è utile a comprendere due aspetti molto importanti del film senza svelarne i contenuti: il primo riguarda l’ambientazione, intesa sia come scenografia sia come contesto sociale.
Il rapporo di ruolo stabilito tra i partecipanti, immersi nello scenario freddo e scontroso di una prigione, innesca quasi subito una sequenza di reazioni automatiche,violente ed imprevedibili, apparentemente slegate dall’io “reale” dei personaggi stessi.
Il secondo aspetto è strettamente legato al primo e mette in gioco l’ istinto di sopravvivenza.
Nella mente dei partecipanti si genera una palese situazione di conflitto fra la conservazione della loro integrità psichica soggettiva e la tensione a mantenere solido il proprio ruolo all’interno dell’esperimento.
La congiunzione di queste tensioni, esterne ai partecipanti eppure così radicate nelle loro sensazioni, vi porterà per mano fino alla fine del film, costruendo davanti ai vostri occhi il fenomeno del tutto naturale, che in molti chiamano “Effetto Lucifero“.
Buona Visione!
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